Ricominciare dalla paura
Premiaty > MONDO DONNAA un anno e mezzo dall’arrivo della pandemia tutti siamo cambiati, ci sentiamo stanchi, frustrati e vulnerabili. In questa situazione di incertezza e pessimismo, però, possiamo diventare prede inconsapevoli della paura e rischiamo di compromettere irrimediabilmente le nostre capacità di pensiero razionale.
Albert Einstein ha detto: “preferisco essere ottimista e avere torto, piuttosto che pessimista e avere ragione”.
Condizionare la logica
In questo lungo anno di pandemia, travolti da una realtà che nessuno di noi era pronto ad affrontare, nella quale abbiamo perso libertà e certezze ancora lontane dall’essere riconquistate, ci è stato insegnato a essere pessimisti piuttosto che ottimisti. Anzi, chi si proclamava ottimista veniva (e viene tutt’ora) tacciato di essere un irresponsabile al limite del negazionismo. Il messaggio maggiormente veicolato dai media è stato, sin dall’inizio, che la pandemia è una tragedia da cui non torneremo più indietro, la nostra vita ne sarà inesorabilmente sconvolta e la “nuova normalità” consisterà nell’indossare mascherine per i prossimi anni, cercare di tenere le distanze dall’altro e, magari, continuare a controllare compulsivamente i nostri sintomi respiratori (“ho tossito, che cosa vorrà dire? sarà meglio fare un tampone a tutta la famiglia?”).
Un atteggiamento del genere, come è stato largamente provato in questi mesi, non significa essere responsabili e attenti ai potenziali pericoli, bensì significa lasciarsi affogare nel mare di paura nel quale ci siamo ritrovati. Significa lasciare che la paura nei confronti dell’altro, dell’estraneo che potrebbe infettarci, la paura nei confronti di un futuro ormai perduto, la paura di non poter più recuperare quel controllo che in fin dei conti non è mai esistito, diventi la sola variabile capace di definire la nostra esistenza. Del resto è questo che accade al pessimista: immagina il peggiore degli scenari possibili perché pensa di essere più preparato ad affrontarne le conseguenze, ma in realtà finisce solo con l’essere travolto dall’angoscia, dal tentare qualunque cosa per controllare la paura che diventa la sola dimensione della sua esistenza.
Come nascono le paure
La maggior parte delle paure che attraversano quotidianamente la nostra mente è irrazionale; esse rimandano a eventi o a situazioni irreali, non correlati in alcun modo al momento presente. È quella che viene definita spesso “ansia anticipatoria”, una forma di ansia associata a quello che “potrà” avvenire nel futuro. Ma non è soltanto una paura del futuro possibile, è qualcosa di più: essa, infatti, consegue da una precisa aspettativa di quello che accadrà, basandosi su interpretazioni della realtà presente. La paura, seppur forte, seppur “reale”, è associata a una interpretazione illogica della realtà, ma che appare così vera da soppiantare tutto il resto. E così ci ritroviamo a muoverci nei nostri personali circoli viziosi senza riuscire a individuarne la via d’uscita, basandoci su quello che la mente ci dice, ascoltandola come un oracolo infallibile, e costruendo la nostra vita sulle emozioni di paura e di disagio che essa ci induce a provare.
Vincere si può
Una battuta del celebre film Il discorso del re suona più o meno così: “Vi esorto a non farvi controllare dalla paura!”. Ecco, dobbiamo ricordarlo ogni giorno a noi stessi, ora e nei mesi a venire. La paura, proprio per quel carattere di profonda irrazionalità di cui è venata, non può essere in alcun modo il faro che guida le nostre scelte e le nostre azioni nella vita. Essa è soltanto una semplice emozione, spesso bugiarda, con la quale possiamo imparare a convivere, che possiamo guardare negli occhi per scoprirne il bluff. Ricordando a noi stessi che sono i nostri bisogni, e non la paura di non riuscire a soddisfarli, a poterci indicare la via