Premiaty > MONDO DONNA Gennaio 2020

La compassione per noi stessi

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Cos’è la compassione? Tutti la provano, soprattutto nei confronti di chi si ama o è vicino, ma è possibile provarla anche per sé stessi? È un moto interiore legittimo? Quale significato può assumere nella nostra vita? Negli ultimi anni un numero sempre maggiore di studi ha approfondito l’influenza della compassione a livello individuale e sociale

Il concetto di compassione è legato a quello di altruismo e di empatia, ma si può affermare che è più della somma di questi. La compassione può essere descritta come empatia e azione: se la sola capacità di empatia porta a riconoscere le emozioni dell’altro (ma non a provarle, si badi bene), l’attivazione di un’emozione compassionevole permette di usare questo riconoscimento per mettere in atto un’azione impegnata verso l’altro. Se si riconosce il dolore in una persona, allora la compassione permette di agire nel tentativo di aiutarla o di consolarla.

Dirigere la compassione

Secondo Paul Gilbert le emozioni legate alla compassione sono fondamentali per via della loro funzione sociale: esse spingono a prendersi cura dell’altro e in questo modo sono alla base delle relazioni affettive e di cura, fondamentali per un buon equilibrio psicologico. Se quindi può essere relativamente semplice comprendere l’importanza della compassione nelle relazioni con gli altri, non è ugualmente immediato pensare di poter vivere una simile emozione nei confronti di noi stessi. Può capitare di confondere la pietà con la compassione e per questo motivo spesso la reazione immediata a tale sentimento può essere quella di rifiutarlo, considerandolo “sbagliato” o comunque fastidioso per il significato sottinteso di inadeguatezza o di scarsa considerazione da parte degli altri. Al contrario, la compassione è prima di tutto un’emozione legata alla consapevolezza, al riconoscimento di noi stessi: provare compassione nei confronti di noi stessi non significa provare pietà per delle povere vittime, ma piuttosto essere consapevoli del proprio valore come individui e voler combattere per esso.

Un’arma per stare bene

Molto spesso può accadere di avere credenze negative di se stessi accompagnate da una voce che critica costantemente, pronta a punire ogni più piccolo sbaglio e a ricordare continuamente l’erroneità, la totale mancanza di un valore intrinseco che non dipenda da una prestazione. Quando questo si verifica, di solito si commette l’errore adi “seguire” questa voce, aumentando la sensazione di inadeguatezza. È come se non ci si riuscisse a liberare veramente dell’idea che qualunque cosa si faccia e si realizzi non possa cambiare un presunto destino di sconfitti. Anche nel tentativo di combattere la “parte punitiva” si corre il rischio di cadere nella sua rete di contenuti, dandole così ancora più forza. Il solo strumento attraverso il quale si può davvero combattere quella voce nella mente, e sovvertire la sensazione di inadeguatezza sottesa, è proprio la compassione. Questa emozione, proiettata verso noi stessi, può aiutare a non cadere nella trappola della nostra voce punitiva, sentendola aliena e provando quasi rabbia nei suoi confronti. Essere compassionevoli significa prima di tutto essere accoglienti verso le proprie emozioni e volersi proteggere, non permettere a nessuno di dire a noi chi siamo e cosa siamo in grado di fare, di ricordare alla nostra parte più vulnerabile che possiamo sbagliare, dal momento che non c’è nulla di male, e che qualunque cosa accada, qualunque sbaglio si possa commettere, non potrà definire noi stessi e il nostro valore.

Tutto comincia dall’empatia

Oggi diverse scienze indagano l’empatia e i modi in cui la si può esercitare nella vita quotidiana, tanto che sempre più spesso si sente parlare di “intelligenza emotiva”, una capacità che consente di dirigere le proprie emozioni verso la crescita personale e la costruzione di rapporti sociali positivi e rispettosi. L’empatia permette di “sentire” ciò che può provare l’altro e questa capacità del cervello umano è gestita dai neuroni specchio. Attivare la relazione che genera la compassione è il passo successivo con l’intraprendere azioni che giovino alla sofferenza altrui. Questo complesso di sentimenti è radicato nell’uomo e varie tradizioni millenarie l’hanno affrontato, basti pensare alle religioni che predicano l’assistenza del prossimo o alla filosofia orientale.