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Come scegliere la crema solare meno inquinante

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Siamo sicuri di sapere cosa significano i dati sull’etichetta della nostra crema solare? E siamo capaci di sceglierne una che non solo sia in grado di riparare la nostra pelle dai raggi solari, ma che sia anche sicura e che non inquini i mari? Cerchiamo di capire quali sono i prodotti con un minore impatto sull’ambiente

Occhiali da sole, costume, telo mare e… protezione solare! Ecco gli essenziali di ogni vacanza al mare che si rispetti. E con un po’ di attenzione in più si possono proteggere la pelle e l’ambiente allo stesso tempo.

Cosa fa una crema solare?

Il principio è molto semplice: all’interno sono presenti delle sostanze che creano una pellicola protettiva in grado di riflettere i raggi UVA e UVB, cioè quelli che colpiscono gli strati più superficiali della pelle e che sono i responsabili delle scottature. Questo può avvenire in modo chimico – facendo assorbire alla pelle sostanze con questa proprietà, come l’oxybenzone o l’octinoxate – oppure in modo fisico – creando una vera e propria barriera che protegge la nostra pelle, come fanno i solari minerali a base principalmente di ossido di zinco.

Un dato a cui fare attenzione quando si sceglie un solare è il numero relativo all’SPF (il grado di protezione) che ci dà un’indicazione di quale sia la percentuale dei raggi UVB che colpiscono la nostra pelle e che vengono lasciati passare. Una crema solare con SPF 10 lascerà passare 1/10 dei raggi solari, quindi il 10% di quei raggi verrà assorbito dalla nostra pelle, mentre il 90% verrà bloccato, e così via. Più l’SPF cresce, più la protezione dai raggi UVB aumenta, senza mai raggiungere, però, una protezione totale, motivo per cui, la Comunità Europea ha vietato che venga segnata questa dicitura sulle confezioni delle protezioni, proprio per evitare che il consumatore venga tratto in inganno.

Insieme alla protezione dai raggi UVB è importante che il solare che scegliamo abbia anche una protezione dai raggi UVA, che sono quelli in grado di raggiungere anche gli strati meno superficiali della pelle e che potrebbero provocare, oltre all’invecchiamento della stessa, anche una mutazione del DNA e la possibilità di sviluppare delle formazioni cancerose. È quindi molto importante che, oltre all’indicazione relativa all’SPF, sia presente anche il simbolo UVA cerchiato, che significa che si avrà una protezione dai raggi UVA del valore di 1/3 rispetto all’SPF (se abbiamo una crema solare con SPF 30, avremo una protezione ai raggi UVA pari a 10).

I danni all’ecosistema

È stato dimostrato che agenti chimici usati per creare lo strato di protezione (come l’oxybenzone o l’octinoxate) sono responsabili dello sbiancamento dei coralli e dell’insorgere di mutazioni del loro DNA, portandoli alla morte, motivo per cui in zone come le Hawaii o il Messico i solari contenenti questi ingredienti sono illegali: da qui il significato della certificazione “reel safe”, che vediamo sempre più spesso e che può dare un’indicazione sul fatto che non sono presenti questi ingredienti letali per la barriera corallina.

Questo, però, non significa automaticamente che il solare che stiamo utilizzando non inquini i mari. Purtroppo, ad oggi, non ci sono ancora studi e relative normative che analizzino il reale impatto di tutti gli ingredienti presenti all’interno delle creme solari su tutto l’ecosistema marino (non solo sui coralli) che vengono dispersi in mare ogni volta che entriamo in acqua.

Un piccolo passo

Come spesso accade quando si parla di sostenibilità, dare una risposta bianca o nera è molto difficile. Il consiglio è, quindi, di prediligere protezioni solari minerali e leggere, consultando sempre la lista degli ingredienti, così da optare per lozioni in grado di ripararci dai raggi UV ma che non rilasciano nell’acqua ingredienti potenzialmente dannosi. Meglio acquistare creme con ingredienti biodegradabili o, in alternativa, utilizzare dei costumi da bagno in grado di schermare i raggi UV, così da essere sicuri di proteggerci e allo stesso tempo non disciogliere in mare nessuna sostanza potenzialmente dannosa.

Ricordiamo sempre che noi siamo degli “ospiti” nel mare e che forse a volte sarebbe meglio semplicemente osservare da spettatori questo mondo incredibile e, allo stesso tempo, così fragile.