Buoni propositi?
Premiaty > MONDO DONNANei giorni che si avvicinano alla conclusione dell’anno è consuetudine iniziare a pensare al futuro prossimo; e, così, il tema delle attese e degli obiettivi da (dovere) raggiungere per sostanziare una vita di benessere e di felicità diventa di grande attualità
Normale pensare al “nuovo inizio”, soprattutto nel momento in cui stiamo per lasciarci alle spalle un anno come il 2021 che è stato più difficile e faticoso di quanto sperato.
Aspettative e “profezie”
Ma, guardandoci indietro, quanti di quei propositi, seppur presi con la massima convinzione e sicurezza che quella sarebbe stata la volta buona, sono stati davvero realizzati? Quante volte, invece di motivare, si sono trasformati negli ennesimi rimpianti, nell’ennesima riprova di non essere mai abbastanza, nella definitiva certificazione di essere inesorabilmente perduti? La vita degli esseri umani è fortemente caratterizzata dalle aspettative. In parte esse vengono apprese nel corso della vita e in parte rappresentano veri e propri obiettivi verso i quali pianificare e progettare l’intera esistenza. In entrambe le situazioni, tuttavia, possono risultare vere e proprie cause di ansia e depressione, di una
quotidianità punteggiata dal timore di fallire o di vedere continuamente le medesime paure ripetersi e concretizzarsi giorno dopo giorno. Qualche semplice esempio può aiutare a capire. Una persona timida ha l’aspettativa di non valere abbastanza per essere notata dagli altri e vive con il terrore di affrontare esperienze che la costringano a subire giudizi e umiliazioni da parte di chi la circonda. Una persona ansiosa ha la certezza che le cose andranno male, convinta di non riuscire ad avere mai un sufficiente controllo su se stessa e sulla propria vita che permetta di vivere serenamente. Una persona depressa ha la rigida convinzione che la sofferenza sia la sola dimensione di vita conoscibile e che nulla di quanto potrà fare nel futuro le permetterà di cambiare questo aspetto dell’esistenza.
Queste aspettative producono quelle che in psicologia vengono definite “profezie che si autoavverano”: considerando reali questi pensieri le persone si adattano a essi, modificando la loro vita in modo da confermarli nel tempo, rafforzandone il significato.
Il timido tenterà in ogni modo di evitare situazioni potenzialmente spiacevoli, diventando invisibile agli occhi degli altri e, così facendo, impedendo a sé stesso di vivere esperienze che gli consentano di sentirsi adeguato e all’altezza. L’ansioso cercherà di costruire contesti in cui abbia la sensazione di possedere l’assoluto controllo, evitando tutte le situazioni nelle quali ciò non sia possibile, di conseguenza impedendosi di sperimentare quanto sia realmente catastrofico esperire situazioni non totalmente gestibili da sé stessi. E il depresso, infine, tenderà a ritirarsi sempre di più, in una sorta di piccolo universo nel quale il mondo non possa entrare per distruggerlo, rafforzando in tal modo l’idea che la vita sia soltanto una gabbia dalla quale non è possibile fuggire.
I rischi della corsa alla perfezione
Cosa accade quando le aspettative diventano dei rigidi obiettivi da realizzare a qualunque costo per poter affermare di vivere una vita piena e soddisfacente? Il risultato non è molto dissimile da quanto descritto negli esempi poco fa. Se ci si pongono degli standard troppo severi – in riferimento ai quali definire noi stessi e la vita che viviamo –, si rischia di non assaporare pienamente le esperienze che si incontrano nel quotidiano, essendo troppo occupati a tentare di raggiungere una dimensione irrealizzabile. Si rischia di soffrire per gli insuccessi e per la presa di coscienza di quanto sta accadendo intorno a noi. Chi costruisce la propria esistenza su aspettative rigide e irrazionali è destinato a conoscere soltanto l’amaro sapore della delusione e a non essere realmente consapevole delle proprie autentiche capacità e delle enormi possibilità che il mondo può offrire ogni giorno.